03/04/2020
Mastro Lisio: una vita sotto l'insegna dell'Arte della Seta
Per gli interessati alla storia e alla vita dell'intraprendente abruzzese che ha reso possibile il tramandare l'Arte della Tessitura manuale in seta, e quindi della nostra realtà, ecco un interessante articolo di Paola Marabelli pubblicato in occasione del catalogo della mostra "Mastro Lisio: una vita sotto l’insegna dell’Arte della Seta", Chieti 1998.

di Paola Marabelli

Tratto da:

Mastro Lisio: una vita sotto l'insegna dell'Arte della Seta, in Giuseppe Lisio, il tessitore di ogni colore, catalogo della mostra (Chieti, 14 novembre - 8 dicembre 1998), Chieti 1998, pp. 15-23.

Foto e documenti provengono dall'Archivio Storico della Fondazione Arte della Seta Lisio, Firenze

gli inizi di Giuseppe Lisio

Già l’inizio, il germe di quella che è diventata poi una passione, una ragione di vita, è da imputare al caso, o forse meglio a una naturale inclinazione che indirizzò il giovane Giuseppe Lisio nel 1892 all'età di ventidue anni, a cercare lavoro presso una famosa seteria milanese, la «Luigi Osnago». In essa fu impiegato come viaggiatore e per essa si recò nel 1900 per allestire la vetrina che l'avrebbe rappresentata all'Esposizione Universale.

A questa importante manifestazione, la «Osnago» fece parte nella sezione italiana del tessile, figurando tra le più qualificate ed esponendo 34 tessuti tra i quali damaschi, velluti lamè, broccatelli e spolinati caratterizzati da “repertori decorativi tutti orientati verso gli stili storici del passato fatta eccezione per un lampasso verde e mais, in stile Liberty.

Dunque, in questa affermata casa milanese, specializzata in stoffe per tappezzeria, Lisio si fa, come si suole dire, le ossa e comincia coltivare quegli interessi verso la riproduzione artistica dei tessuti e la ricerca di una produzione di qualità da contrapporre a quella di consumo corrente.

Nonostante la documentazione in possesso della Fondazione sia piuttosto frammentaria, possiamo ugualmente delineare a sommi capi le vicende che hanno segnato l'operosa vita di Lisio e farci un'idea di quanto intensa fosse la sua aspirazione a realizzare un'attività prestigiosa. Così possiamo subito constatare l'intraprendenza del nostro Giuseppe nel 1905, quando “idea e crea”, come ci ha lasciato scritto, le «Tessiture Riunite».

 Il 18 febbraio 1905 infatti si costituisce a Milano la Società «Tessiture Riunite» dove figura un socio amministratore responsabile, tale Costantino Corsini fu Luigi, e altri soci accomandanti, tra i quali lo stesso Lisio. All'articolo 2 dello Statuto leggiamo: “Scopo della Società è il commercio all'ingrosso e al dettaglio di stoffe per mobili, tappezzerie in genere e stoffe per signora e articoli affini”.

 In un'altra carta troviamo indicazione che aiuta a chiarire un poco questa vicenda in quanto si dichiara che le «Tessiture Riunite» erano “depositarie per la vendita al dettaglio delle merci della cessata ditta «Luigi Osnago di Ambrogio». Pertanto, chiusa la «Osnago», Lisio promuove e si fa partecipe di questa Società che verrà successivamente liquidata in data 22 novembre 1923, e si prepara per un passo molto più importante.

Il documento dal quale abbiamo stralciato il passo precedente costituisce infatti la certificazione dell'inizio dell'attività lisiana autonoma.

Si tratta della presentazione, datata 28 gennaio 1906, dell'apertura della sede di Firenze in via dei Fossi 27, nominata come “casa di commercio che dedicherà in modo speciale alla riproduzione e vendita dei tessuti artistici di ogni stile” e nella quale si poteva trovare “un ricchissimo assortimento di stoffe per mobili e tappezzerie delle Tessiture Riunite di Milano…”.

Durante i suoi esordi milanesi nel settore tessile, Giuseppe Lisio ebbe modo di viaggiare molto e di affezionarsi in particolare a Firenze.

Riportiamo le sue stesse parole per illuminare quegli inizi:

“Frequentando Firenze ed interessandomi di tutto ciò che poteva dar lustro alla produzione serica italiana, fui colpito dal ricordo di una delle sue arti maggiori, forse la migliore, «l'Arte della Seta»… Sui primi del 1906, entusiasmato dalle ricerche che andavo facendo sull'Arte stessa, decisi di trasferirmi a Firenze ed iscrittomi alla locale Camera di Commercio come setaiolo, iniziai da solo un intensissimo lavoro, proponendomi se non altro di ricordare alle nuove generazioni i fasti di quell'Arte nobilissima…

In quegli anni posso dire che in Firenze l'arte del tessere fosse completamente spenta, poiché, dopo varie ricerche, a stento potei rintracciare al di là d'Arno qualche anziana donnetta che aveva in gioventù usato la spola, ricordo la più abile, certa Gambini Adele che, aiutata da un altro buon tessitore che avevo chiamato a Firenze, riuscì ad insegnare ad alcune giovani in modo di tessere sull'antico telaio.

I primi disegni, sebbene classici, furono semplici e riprodotti abbastanza fedelmente e, come necessitava farli subito conoscere, decisi di aprire una bottega sotto l'insegna e la scritta dell'Arte della Seta.”.

il primo negozio a Firenze in via dei Fossi

In via dei Fossi quindi apre il negozio, Oltrarno insedia la prima manifattura e poi, nel 1911, affitta dal Comune di Firenze locali posti al piano terra delle cosiddette «Case degli Alighieri», nei quali ricostruisce l'abitazione di un setaiolo fiorentino del XIV secolo, esponendo e vendendo i suoi tessuti.

Per questa nuova iniziativa, Lisio raccoglie apprezzamenti e consensi per l'ambientazione creata, facendo riprodurre dall'antico mobili e utensili e per il gusto della presentazione dei suoi manufatti, ma riceve anche critiche di chi, poco accorto, credette di ravvisare una profanazione “degli oggetti appartenuti al poeta”. Stanco per le polemiche “decisi di rinunciare al restante periodo di fittanza ed abbandonai quella casa che già tanto aveva gravato sul mio bilancio”, era il 1° dicembre 1914.

Ben presto i pregiati tessuti Lisio si fanno conoscere nella loro bellezza e qualità e le richieste cominciano a diventare numerose non solo nell'ambito fiorentino, aristocratico e pubblico, ma anche nel resto d'Italia e all'estero.

il secondo negozio a Roma in via Sistina

Nel 1911 alcuni esemplari sono esposti nel padiglione Toscano alla Mostra delle Regioni tenutasi a Roma e intorno a quell'anno apre il negozio romano di via Sistina, 86.

Proseguendo l'indagine, notiamo che in questo periodo Lisio accentra la sua attenzione proprio sulla capitale e cerca di dare corpo a un progetto importante. Dai suoi appunti da due “memoriali” indirizzati, uno a Corrado Ricci, Direttore Generale delle Antichità e delle Arti e il secondo al Sindaco di Roma, databili al 1917-1918, come si deduce dal testo, veniamo infatti a sapere che vuole “fondare in Roma una Scuola di Arte serica la quale comprenda la tessitura ed anche la colorazione di stoffe che riproducano i tessuti classici dalle epoche più remote a quelle più recenti”.

Descrivendo poi la sua esperienza nel settore, dichiara:

“avendo poi fondato in Firenze da oltre 10 anni una scuola di tessitura di broccati, broccatelli e di tessuti decorativi in genere, ambisce trasferirla a Roma che reputa luogo più propizio alla espansione rinnovata di un'arte che già fu nostra e che tutto dà a dividere può nostra ritornare”.

 Di questa vicenda romana è interessante notare due aspetti: il primo riguarda l'idea trasferire a Roma un'attività già avviata, ma che avrebbe trovato più incentivi data la presenza

“della Corte, del Papato e delle Ambascerie Presso il Quirinale preso il Vaticano (la cui opera di diffusione dei lavori italiani è superiore a quanto comunemente si creda), sede specialissima e quasi esclusiva di musei che racchiudono tessuti classici, alcuni dei quali risalgono alla più alta antichità (quali per esempio il Museo Vaticano ed il Kircheriano)”.

 La seconda osservazione riguarda il fatto che benché attento all'aspetto economico-commerciale, ponga l'accento sul requisito di Scuola, credendo fermamente nella necessità e nel valore dell'opera di rinascita di un'antichissima Arte che non doveva perdersi nell'oblio e nella continuità per un futuro che eguagliasse gli splendori del passato.

Fondava queste sue convinzioni su studi e ricerche che hanno segnato tutta la sua vita. 

Infatti, ci sono rimasti numerosi appunti storia dell'Arte della Seta presi dalle pubblicazioni del tempo, alcune delle quali avevano acquistato, costituendosi una piccola biblioteca. Poi, oltre a studiare su testi di tecnica tessile, si andò formando anche un vero e proprio archivio fotografico di tessuti e opere d'arte in genere, dal quale traeva ispirazione per le sue creazioni.

 Ritornando al progetto romano, Lisio non riesce a realizzarlo e

ritornato a Firenze, mi adoperai allora di trasferire la sede del mio laboratorio in altro locale più vasto e, aumentando il numero dei telai e creando nuova maestranza, affermai sempre più la necessità di produrre quanto meglio era possibile per valorizzare quell'Arte alla cui tradizione tanto tenevo. Il successo assecondava l’opera mia per il fatto che, senza mai aver ricorso ad alcuna reclame, anzi rifuggendola, i miei tessuti andavano sempre più diffondendosi fino ad arrivare, oso dirlo, in quasi tutte le Corti d'Europa”.

Mentre la clientela via via aumenta e le commissioni si fanno sempre più importanti, il laboratorio fiorentino diventa insufficiente a tal punto che Lisio decide di trasferire la tessitura a Milano, dove sarebbe riuscito a potenziare al meglio la produzione.

manifattura e terzo negozio a Milano in via Manzoni

Correva l'anno 1924, come testimoniano alcuni articoli di quotidiani scritti in occasione dell'inaugurazione del negozio di via Manzoni 41, nel Palazzo Borromeo e della scuola-laboratorio di via Vigentina. Anche sulla “Nazione”, il quotidiano fiorentino, appare un articolo di Ferdinando Paolieri che celebra l'opera del “fondatore dell'Arte della Seta, animoso e genialissimo” e che, bacchettando l'ambiente gigliato, dichiara: 

“dopo aver fatto di tutto per infondere novella vita ha dovuto ricorrere all’operosa Milano per sviluppare sempre più quest'arte che difficilmente in Firenze poteva raggiungere quel grado di intensità per cui oggi a Milano egli può far lavorare anche i più difficoltosi velluti della migliore epoca fiorentina con una quantità di telai che in Firenze non sarebbe stato possibile d’arrivare a far battere».

 È interessante notare poi, come emerge dall'articolo appena citato, che Lisio nonostante avesse spostato la manifattura, ritenesse la sua attività “essenzialmente fiorentina”.

palazzo Lisio in Piazzale Libia angolo Via Silio Italico

La grande laboriosità caratterizza la vita di Lisio che animato da un incessante fervore di iniziative, decide di costruire a Milano un edificio che fosse abitazione per sé e la sua famiglia e anche sede della tessitura.

Del 6 marzo 1929 abbiamo il «Preventivo per la costruzione di casa d’abitazione e laboratorio annesso da erigersi in Milano, in Piazzale Libia angolo via Silio Italico»

Dopo qualche anno, poiché il rumore dei telai battenti non era conciliabile con la vicinanza dell'abitazione, la tessitura viene spostata in via Friuli 6 e qui vi rimane fino alla chiusura, avvenuta alla fine degli anni Cinquanta.

Il consenso raccolto attorno all'opera di “Mastro Lisio” è corale, sia presso gli intenditori di tessuti di pregio, sia presso la clientela. Di una parte di essa possiamo apprezzare la stima e la considerazione nella corrispondenza giunta fino a noi.

Il carteggio più consistente è quello intercorso con Gabriele d'Annunzio che ha inizio il 7 aprile 1925 e termina il 28 febbraio 1938, il giorno prima della morte del Poeta.

La consonanza dei due spiriti abruzzesi emerge evidente dalle lettere, nutrite di parole di apprezzamento e di sincera devozione e considerazione l'uno verso l'altro, in un rapporto scambievole di reciproca gratificazione.

Anche il ricco epistolario tra Lisio e la moglie di d'Annunzio, Maria Hardouin dei Duchi di Gallese, è pervaso da un forte senso di ammirazione, ma soprattutto di sentita amicizia che faceva trasparire, nelle missive di Donna Maria, quella profonda tristezza dovuta alla difficile posizione da lei sostenuta.

Con Luisa Baccara, la pianista veneziana ultima compagna di d'Annunzio, i cordiali scambi sono incentrati su richieste, a nome del Comandante o per uso personale, di stoffe per arredo o destinate all'abbigliamento oppure ancora, le ultime, per formare le cartelle contenenti i manoscritti dannunziani donati poi dalla Baccara alla Fondazione del Vittoriale.

Da Gardone Riviera gli scambi epistolari sono firmati anche dall'architetto Gian Carlo Maroni, Sovraintendente del Vittoriale degli Italiani che intrattiene con Lisio una fitta corrispondenza fatta di commissioni di tessuti intercalate a espressioni di profonda amicizia, consolidata dalla comune memoria per l'amato Comandante.

Da una serie di cartoline con le quali sono ricambiati gli auguri per l'inizio dell'anno nuovo, spicca un altro nome famoso, quello di Francesco Paolo Michetti, grande amico di d'Annunzio che lo pianse a lungo alla sua morte e che gli fu cara l'attenzione dimostrata dal Lisio nel partecipare al suo dolore.

fornitore della Real Casa

 Ancora altri nomi illustri, come quelli dei Borromeo, per i quali in particolare abbiamo, oltre alla corrispondenza, i disegni di Lisio per l'addobbo di un salone trasformato in cappella, in occasione delle nozze tra Donna Laura Emilia Borromeo Arese, figlia di Giberto Borromeo e il conte Carlo Borromeo d'Adda, figlio dell'on. conte Febo.

All'«arte lisiana» ricorreva anche Casa Savoia, come risulta da un breve epistolario e soprattutto del diploma di «Fornitore della Real Casa», rilasciato il 23 settembre 1939.

Nonostante riceva plausi e ordinazioni importanti, Giuseppe Lisio comincia ad essere stanco e soprattutto sfiduciato. Le difficoltà economico-commerciali generali, la mancanza di collaboratori più affidabili, stanno minando la vitalità e la passione che lo hanno da sempre sostenuto.

Il breve epistolario con Erminia Favi è illuminante a riguardo. Egli scrive in data 13 maggio 1934:

“…Intando io vado maturando la decisione di ritirarmi almeno dalla parte commerciale e credo anzi d’essere a punto, tanto che qui [a Milano, n.d.t.] vado facendo l’inventario a porte chiuse ed è anche probabile che tale chiusura sia definitiva, se per la nuova stagione non trovo la persona adatta a proseguire…”.

 La Favi risponde con una lettera piena di calore e di incoraggiamenti:

“…Certamente attraversiamo giorni tristi, ma io mi domando se è possibile che una creazione come la sua, non abbia in sé tanta vitalità da superare e vincere! Certamente, lei ha troppi pesi sulle spalle e passare la vita correndo fra Milano – Firenze – Roma – Parigi è troppo, senza contare che non sarà materialmente possibile badare a tutto…”. 

 Nel risponderle il 23 maggio 1934, mentre esprime apprezzamenti per il conforto e l’amicizia da lei dimostrati, Lisio dichiara la sua sfiducia:

“…Lei mi ha esattamente compreso o almeno la mia situazione, come forse nessuno ha saputo comprendere. Non sono stanco, sono sfiduciato. Lei si domanda “se una creazione” come la mia “non abbia in sé tanta vitalità da superare e vincere”. Io lo voglio ancora sperare. Più vitalità però di quella che vado tutt’ora infondendo, non posso, sono quasi all’esaurimento. Ma a cosa serve? Ho qui sotto me, già da vari anni, nel solo magazzino sei personali, li ho dovuti in questo mese licenziare tutti, perché uno non risponde, si intende dei preposti alla collaborazione. Come potrei dunque resistere da solo? Veda cosa va succedendo a Firenze dopo il mio allontanamento, crisi, si. Ma, c’è anche dell’altro. E mi creda, non sono incontentabile e neppure è vero che sia difficile, solo esiggo quel che è necessario esiggere…”.

 Che Lisio avesse proprio intenzione di ritirarsi, ci viene confermato poi dalle bozze di “Convenzioni” e “Cessioni” datate 1936 e 1939 che andrà formulando in diverse stesure e nelle quali possiamo tra l’altro leggere:

La Ditta Lisio alla fine del corrente anno 1936 compie un trentennio di attività artistico-industriale, durante il quale ha potuto, con la produzione dei suoi tessuti d’arte, riprendere le fila interrotte dell’antica «arte della seta» di Firenze, ove la ditta stessa ebbe origine, e affermarsi in un primato che tuttora detiene.

Il suo Titolare, deciso di ritirarsi dalla parte commerciale dell’azienda per dedicarsi esclusivamente alle proprie creazioni, si propone di affidare la sede principale di Milano a persona che sia in grado di saper condurre l’azienda stessa seguendo i criteri e le caratteristiche che l’hanno fin qui distinta; in un primo tempo in gestione autonoma, per poter poi addivenirne alla cessione definitiva”.

Da questa documentazione risulta che avesse preso degli accordi preliminari con i F.lli Fumagalli e poi con Cristiano Schmid e che alla data 31 marzo 1939, avesse definito i valori della merce in giacenza “tessuti di Stock e di Deposito” e le modalità dei pagamenti, fino alla cessione della Fabbrica.

Ma questa cessione non avverrà, Lisio continua a battersi per la sua opera, pur essendo consapevole della necessità di dare una svolta alla sua attività tanto da elaborare un “piano tecnico-finanziario” e da sottoporlo il 16 giugno 1941 al Marchese Avv. Giuseppe dè Capitani d’Arzago, Ministro di Stato, attivo verso tutte le opere di interesse nazionale. In esso Lisio prospetta la costituzione di una Fondazione o Società sotto il titolo di «Arte della Seta» che sviluppi la produzione artistica e l’esportazione.

I valori di “rinascita” e di “continuità” dell’antica arte serica italiana, veri capisaldi dell’esistenza di Giuseppe Lisio, bene si accordano con le idee e gli interessi verso la produzione nazionale diffusi in questo particolare momento storico.

Sopra tutti ricordiamo l’architetto Gio Ponti che dimostra una profonda stima per il nostro Lisio e vuole fermamente la sua partecipazione alla VII Triennale di Milano. Il 7 gennaio 1939 così scrive: 

“Illustre Lisio, a fine marzo 1940 XVIII si apre la VII Triennale. Occorre programmare la Vostra partecipazione. Ci vogliamo incontrare?”.

 E ancora il 1° febbraio 1940 lo sollecita:

“Io tengo troppo a che in questa rassegna delle più nobili forze nazionali in questo momento, siate presente. La Vostra assenza davvero mi sarebbe cagione di tristezza”.

 I contatti rimangono vivi con altri successivi scambi epistolari nei quali Lisio approva la “campagna nazionale” intrapresa da Ponti in favore delle nostre produzioni d’arte che formano “la potente forza dell’esportazione”, mentre Gio Ponti, il 13 giugno 1942, propone di istituire nell’ambito della triennale, alla quale affluiscono Premi offerti da industrie d’arte, anche il Premio Giuseppe Lisio per disegni di stoffe. 

Seguiamo ora gli avvenimenti lisiani degli ultimi mesi, attraverso le lettere indirizzate all’«Eremo» di Rapallo dal nipote Teodoro Olivieri che, a Milano, segue gli interessi della «Lisio – Tessuti d’Arte».  Il 18 gennaio 1943 Teodoro scrive allo zio che l’operaio Corbetta, appena assunto, ha cominciato a lavorare al suo telaio in Silio Italico e che

“nei riguardi della nostra produzione, le relative disposizioni sono tutt’ora in corso e si attendono sempre da un momento all’altro. Ho pure incaricato a Roma persona di fiducia e che può, date le sue mansioni, informarsi presso il Ministero competente, di farmi sapere qualche cosa a riguardo”. 

 Ancora il 23 gennaio ricorda che:

“il permesso della chiusura della sede di Milano, scade in maggio, quello di Firenze non ha scadenza e si può lasciar chiuso o riaprire quando si vuole dato che la licenza è solamente in deposito senza termine fisso. Quello di Roma è stato rinnovato da poco per un periodo di tre mesi. La fabbrica prosegue il suo lavoro con i sei telai compreso il Corbetta in S. Italico ove tutto procede regolarmente”.

 Al momento non sappiamo definire esaurientemente le vicende relative alla chiusura delle Sedi, alla quale si accenna ancora in due lettere. È infatti con l’amico Gio Ponti che si chiude la corrispondenza di Giuseppe Lisio fino ad oggi in possesso della Fondazione.

Il 16 marzo 1943 scrive da Rapallo all’architetto milanese dicendogli:

“Ti ho pensato più volte, specie dopo il sinistro della mia casa in Piazzale Libia, che trovasi ora in stato di urgenti riparazioni, onde evitare danni maggiori… Domani vado a Roma e quando torno spero che avrò il piacere una volta di vederti qui al mio “Eremo” dove sono rifugiato, si parlerebbe un po' di Arte che va scomparendo”.

L’amico gli risponde sollecito il 24, chiedendo spiegazioni sulla chiusura di Milano e informandosi su Firenze. Egli unisce alla sua, una lettera che gli ha inviato Fede Cheti:

“Caro Ponti ho visto Lisio chiuso. Perché? Quanto dispiacere ho provato. Una tradizione e una bellezza così profondamente italiana non deve essere interrotta e neppure momentaneamente sospesa”.

 Lisio nell’ultima lettera del 2 aprile 1943 così scrive:

“Caro Ponti, dopo un soggiorno a Roma e Firenze, ritornato qui, trovo la tua cara lettera del 24 u.s., con acclusa quella della gentilissima Fede Cheti.  Cosa dirti? Per me è un gran conforto leggere certe espressioni, in un momento così tragico per tutte le Arti, in specie la mia, alla quale ho dedicato tutta la mia vita, per mantenere viva, almeno il ricordo, di una tradizione italianissima, che ritengo andrà a sparire presto. E, come pochi conoscono la sua storia, considera quanto mi faccia piacere che detta Arte venga così nobilmente apprezzata, tanto da te che dalla alacre e fervida artista che mi presenti.

Ho dovuto chiudere si, tutte le Sedi, compreso Parigi. Perché? Perché non posso rassegnarmi a produrre tessuti tipo, secondo le proscrizioni emanate, quindi sospesa la vendita dei Tessuti d’Arte. Si stanno facendo ora pratiche, per ottenere in giusto modo tanto la riattivazione della produzione che delle vendite, prima che vada a scomparire una preziosa maestranza. Ecco quanto potrai riferire, alla Gentile Fede Cheti, che avrei tanto piacere di conoscere, se non che, io dopo il sinistro dello stabile, creato appunto per l’Arte della Seta, in Piazzale Libia, non ho ancora il coraggio di venire a Milano a constatare i danni. Comunque, spero che potremo presto tornarci, così ti dirò le mie migliori impressioni, sull’interessantissimo tuo articolo «LA CASA MODERNA».

 Come si legge, anche tra le righe, Giuseppe Lisio ci appare forse un po’ affaticato, ma sempre attivo, vigile e vivace nello spirito, fino all’ultimo dedito alla “sua Arte”.

Giuseppe Lisio si spegnerà il 16 aprile 1943.

qui disponibile l'intero articolo

di Paola Marabelli

Mastro Lisio: una vita sotto l'insegna dell'Arte della Seta, in Giuseppe Lisio, il tessitore di ogni colore, catalogo della mostra (Chieti, 14 novembre - 8 dicembre 1998), Chieti 1998, pp. 15-23

Approfondisci la storia di Fidalma Lisio

Fidalma Lisio e l'Arte della Seta

Una donna battagliera e dalla ferma volontà di salvaguardare e trasmettere l'Arte della Seta. Una "missione" che ha portato la Manifattura di Giuseppe Lisio nel III millennio.